Testata registrata presso il tribunale di Milano in data 20 luglio 2012 al n° 320 – ISSN 2281 – 1249

Tecnologie emergenti

La stampante 3D multifunzionale in soccorso delle barriere coralline

La KAUST sta sperimentando un sistema per far crescere le barriere coralline a rischio sopravvivenza più rapidamente grazie alla stampante 3D

L’International Union for Conservation of Nature (IUCN) ha inserito il corallo tra le specie a rischio: l’aumento delle temperature, la progressiva acidificazione, l’inquinamento e la pesca incontrollata ne hanno di fatto minato l’esistenza.

Secondo le stime più recenti, negli ultimi 30 anni si è perso, infatti, circa il 50% dei coralli e le previsioni per il futuro non lasciano ben sperare, tanto è vero che dopo il 2050 potrebbe essere ancora in vita solo il 10%, fino a scomparire del tutto nel 2100.

Proteggere le barriere coralline significa anche salvaguardare gli oceani e le tantissime persone che vivono in aree costiere, che altrimenti sarebbero più esposte all’erosione e alla violenza delle mareggiate.

Gli stress ambientali

L’indicatore più significativo circa il cattivo stato di salute delle barriere coralline è, come ben noto, lo sbiancamento, un fenomeno che si sta osservando oramai da parecchio tempo worldwide, inoltre, gli incendi disastrosi che si sono verificati in particolare nelle ultime due estati roventi hanno causato un effetto a catena nel mare con effetti devastanti, quali il surriscaldamento delle temperature, l’aumento di gas serra e la crescita del tasso di acidità.

E’, quindi, ormai risaputo che le barriere coralline soffrono gli stress ambientali, in particolare quello termico, che le porta ad espellere le alghe, che vivono nei loro tessuti, responsabili della loro colorazione e fabbisogno energetico per la calcificazione, crescita e riproduzione. I coralli riescono a sopravvivere solo se lo stress è di breve durata, altrimenti sono destinati a morire.

Poiché le barriere coralline sono uno degli ecosistemi marini a più alta biodiversità, alcuni ricercatori hanno tentato di trapiantare i coralli allevati in laboratorio nelle barriere coralline in stato fortemente critico, ma le condizioni assai compromesse del loro habitat non hanno sortito gli effetti sperati.

La stampante 3D

La soluzione al problema potrebbe arrivare dai ricercatori della KAUSTKing Abdullah University of Science and Technology, che stanno compiendo degli studi sul restauro delle barriere coralline effettuato creando con la stampante 3D le strutture di supporto su cui far crescere i coralli.

Al momento sono stati impiegati come substrato blocchi di cemento o strutture metalliche, ma il rispristino è molto lento, perché i coralli depositano il loro scheletro di carbonato di calcio in misura di pochi millimetri l’anno, motivo per cui si è pensato di fornire alle barriere un substrato simile a quello naturale in modo tale che possano recuperare più velocemente.

Processo più vicino a quello naturale

I ricercatori della KAUST hanno sviluppato il 3D CoraPrint, un inchiostro ecologico e sostenibile a base di carbonato di calcio fotoiniziato (CCP) non tossico, su cui, comunque, si stanno pianificando, per maggior sicurezza, dei test a lungo termine negli acquari.

A differenza dei sistemi testati fino a questo momento, basati sulla colonizzazione passiva della struttura di supporto stampata, 3D CoraPrint prevede l’ancoraggio di microframmenti di corallo allo scheletro stampato per dare vita al processo di colonizzazione.

I test constano di due diversi metodi di stampa, che iniziano, però, entrambi con un modello scansionato di uno scheletro di corallo. Nel primo metodo, il modello viene stampato, poi, la stampa viene usata per realizzare uno stampo in silicone e, infine, la struttura finale viene prodotta riempiendo lo stampo con inchiostro CCP. Nel secondo, la struttura di supporto viene stampata direttamente utilizzando l’inchiostro CCP.

Dei 2 metodi, uno permette una riproduzione più veloce ma di dimensioni limitate, l’altro è più lento e con una risoluzione inferiore, ma consente di creare strutture più grandi. L’obiettivo finale rimane comunque lo stesso per entrambi: creare un processo che sia il più vicino possibile a quello naturale per salvare le barriere coralline e tutto il loro meraviglioso ecosistema.

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